A spasso con Liszt (alla ricerca dell’amore)
di:Sergio Macedone
Walrudis Hoffmann, Barbara Pfeffer, “Le stanze di Liszt a Roma, in Vaticano, a Tivoli”
Di questi tempi ci vuole del coraggio a pubblicare libri. Se i libri, poi, trattano di musica colta o di arte, la dose di coraggio va quantomeno raddoppiata. E se, nello stesso volume, s’incontrano entrambe…
Timía edizioni, di coraggio ne ha da vendere. Un coraggio sostenuto dalla passione che mette in ciò che realizza. D’altra parte – credetemi, lo scopro solamente dopo aver scritto queste poche, prime righe – sul sito della casa editrice si legge, per l’appunto, che “abbiamo scelto la parola Timía […] dal greco θυμός che significa, nelle prime accezioni del termine, «animo, coraggio, intraprendenza»”. Missione compiuta, dunque, per la famiglia di editori romani Presta-Massotti, che osa sfidare i venti contrari del consumo «mordi e fuggi» dell’arte e della musica, dando alle stampe (2023), tra gli oltre ottanta titoli del catalogo prevalentemente dedicati all’architettura, Le stanze di Liszt a Roma, in Vaticano, a Tivoli di Walrudis Hoffmann e Barbara Pfeffer. Le due autrici sono, rispettivamente, una storica dell’arte e una docente di canto e didattica musicale e hanno messo in comune le proprie competenze per dar vita a un testo sulla presenza di Franz Liszt a Roma e dintorni tra il 1861 e il 1886, anno della sua morte.
Che cos’è Le stanze di Liszt? Saggio storico, storico-artistico, storico-musicale, invito all’ascolto (di Liszt e non solo), guida (colta e raffinata) a una Roma, che, nonostante gli sforzi di molti per seppellirla sotto le escrescenze (niente affatto naturali) di una brutta modernità, resiste e continua a esistere, biografia di “una delle massime figure culturali dell’800, da molti considerato l’uomo rinascimentale della musica dell’epoca […], come scrive nell’Introduzione Gastón Fournier-Facio, curatore dell’opera? Le stanze di Liszt è tutto questo e qualcosa di più. È anche il diario di un percorso di ricerca rigorosamente scientifica mai disunito dal racconto intimo di esperienze sensoriali. Come nell’incipit, quando Walrudis Hoffmann scrive: “Varco Porta Flaminia e ancora una volta rimango affascinata dalla ricchezza artistica di Piazza del Popolo, e dalla grandiosa spazialità che offre allo sguardo. Uno sbalorditivo spettacolo teatrale che mi si presenta davanti agli occhi: una forma ovale con l’obelisco al centro, tre diverse chiese, la Terrazza del Pincio e le tante opere d’arte che la animano, che parlano del mondo mitologico egiziano e greco-romano. Quali antiche storie ci vogliono raccontare? Chiunque passa in questa Piazza diventa in una volta spettatore e attore di un insolito palcoscenico”. Poche righe dopo, l’esperienza reale si coniuga con la fantasia e sembra di assistere alla proiezione di un docufilm leggendo che “adesso lo immagino [Liszt, n.d.r.] al suo arrivo a Piazza del Popolo nell’ottobre 1861. Lui, il pianista più famoso d’Europa, diventa subito protagonista della scena, mentre scende dalla carrozza con il suo solito stile distinto, attirando l’attenzione di tutti i presenti, proprio come quando appare in palcoscenico […]”. Ecco, sembra di essere lì, con l’autrice e con Franz Liszt, nell’attesa di conoscere i prossimi sviluppi delle vicende di entrambi. Un’attesa che si fa tanto più impaziente grazie anche alla brillante scelta di usare il presente narrativo: per il lettore nulla è ancora accaduto, tutto è in divenire.
Piazze, strade, chiese, palazzi, ville, conventi, monasteri, natura, fontane, lapidi, nobili, ecclesiastici, artisti, che Hoffmann – novella Stendhal – incontra lungo gli itinerari romani di Liszt, diventano altrettante occasioni per raccontarne storia, aneddoti e vicende, e per ricevere suggerimenti di ascolto. Qui, Barbara Pfeffer non si limita a elencare titoli, ma ne consiglia esecutori e registrazioni con – in alcuni casi – ampi e ragionati commenti. Si diceva delle fontane. A esse le due autrici dedicano una particolare attenzione. Soprattutto, a quelle musicali di Villa d’Este, luogo in cui Liszt visse e che amò molto. Non a caso compone Les jeux d’eaux à la Villa d’Este, che Ferruccio Busoni avrebbe descritto come “il modello di tutte le fontane musicali che da allora sono sorte” e che tanto stupì Debussy per “la novità compositiva di quest’opera: degli accordi di nona in movimento parallelo, liberi dalle sequenze previste dalle regole canoniche […], che nel registro acuto imitano lo scroscio delle fontane”. Ecco, le novità introdotte da Liszt. Proprio a queste e al suo complessivo impegno nella vita musicale del tempo sono dedicate le ultime pagine del libro. “Costantemente spinto verso il nuovo”, scrive Pfeffer, “grazie alla sua gigantesca opera di una vita”, Liszt ha contribuito straordinariamente allo sviluppo delle tecniche compositive e pianistiche, che avrebbero influenzato “colleghi e studenti, organizzatori e associazioni musicali, costruttori di pianoforti ed editori. […] Inventò le ‘ottave di Liszt’, i trilli di accordi, i glissando di terze e di seste nella tecnica pianistica”. Diede il primo recital per pianoforte solo, insegnò gratuitamente e con metodo nuovo, fu “l’interprete beethoveniano più geniale del suo tempo […], portò alla luce nuove opere, in particolare quelle del suo amico e genero Richard Wagner”. Non si sottrasse mai all’esecuzione di concerti per beneficenza, sviluppò il poema sinfonico, lavorò alla riforma della musica sacra. Il tutto durante una vita che, come ebbe a scrivere di sé stesso in una lettera del 1877 alla Principessa Sayn-Wittgenstein, “non è stata altro che una lunga odissea alla ricerca dell’amore…”
Waldrudis Hoffmann è laureata in Storia dell’Arte e Filosofia alla Ruprecht Karls Universität di Heidelberg. Dal 1988 vive a Roma, dove si è formata come restauratrice. Ha collaborato per molti anni con l’artista Carlo Guarienti nella complessa esecuzione tecnica dei suoi quadri. Dal 1995, crea nel proprio studio calchi di teste e bassorilievi antichi. Insieme a Yvonne zu Dohna fonda nel 2001 “La scuola del vedere” per la divulgazione, in forma di visite private, dell’arte e della cultura di Roma. Per diversi anni ha tenuto lezioni sull’arte in centri culturali in Germania. Dal 2013, tiene, insieme con Barbara Pfeffer, corsi sotto forma di passeggiate a Roma sul tema “Arte e Musica”, tra cui Franz Liszt a Roma, in Vaticano e a Tivoli.
Barbara Pfeffer ha studiato Musica, Filosofia e Pedagogia alla Folkwang Universität di Essen, dove, dal 1995, è docente di canto e didattica musicale. È professoressa onoraria alla Mianyang Normal University (PR China). Nel 2013, ha condotto un seminario didattico di canto presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Come mezzosoprano si è esibita spesso nel repertorio oratoriale e liederistico. Tiene regolarmente conferenze su argomenti storico-musicali e musico-filosofici e, dal 2013, insieme alla storica dell’arte Waldrudis Hoffmann, tiene corsi a Roma sotto forma di passeggiate, sulla connessione tra musica e arti visive.
Gastón Fournier-Facio, curatore del volume, è Consulente Artistico dell’Orchestra Mozart, Consulente Musicale della Daniele Cipriani Entertainment e responsabile delle Opera Talks presso la Royal Opera House di Muscat (Sultanato di Oman). È autore di monografie su Richard Wagner, Gustav Mahler, Hans Werner Henze, Claudio Abbado e Giuseppe Sinopoli. È stato Coordinatore Artistico del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, del Maggio Musicale Fiorentino, dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, del Teatro alla Scala e Direttore Artistico del Teatro Regio di Torino.
fonte: www.strumentiemusica.com