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Tessere di paesaggio

Attraverso l’approccio etimologico, il rapporto intrinseco fra la meraviglia del dipingere e del tessere relazioni spaziali. La percezione estetica attiva il nesso fra i segni propri dell’esistere e l’essere. Ed è il Mito a condurci attraverso la comprensione delle relazioni fra il tessuto del nostro essere umani e il tessuto disteso del paesaggio del Cielo. Attivare il paesaggio degli uomini è natura ed artificio intimamente connessi, è l’emergere, attraverso l’arte del dipingere, di un rapporto intimo. E c’è chi disse che non si può dare progetto se non si passa per l’espressione del dipingere come atto inalienabile per tessere reti spaziali proprie, ineludibili. L’Autore ci dà il filo proprio per la comprensione di come ciò avvenga nel tempo. Come gli artisti i poeti, i pittori, si siano dati i mezzi per attivare le figure, le fisionomie del paesaggio, e come il loro linguaggio sia espressione diretta di processi propri. A noi l’andarli a ritrovare con la guida dell’Autore guardando direttamente le composizioni pittoriche, sfogliando i capolavori con ritrovata comprensione emergente dal profondo di noi stessi.

Prodotto ID: 1476
ISBN: (pdf) 978-88-99855-25-3
Anno: 2018
Dimensioni: 17x24
Pagine: 120
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Aleardo Nardinocchi

(Roma, 1974 – 2015) è Artista profondo. Mancato prematuramente, è stato Pittore, Architetto e attivo Docente presso la Facoltà di Architettura di Roma Tre. Intese il progettare come il ritrovare le relazioni spaziali fra le popolazioni che percorrono la terra che la complessità del Mito ci racconta. Queste loro peregrinazioni, come orme profonde, la geomorfologia dei siti segnati dallo spazio proprio del loro prenderne possesso, e il riconoscerne le fisionomie sono componenti imprescindibili. Se non si intessono rapporti con esse il racconto non è, ed i segni sono scomposti ed impropri. Non c’è più paesaggio. Aleardo l’espresse attraverso i suoi progetti ed i suoi insegnamenti, sempre progettuali, e attraverso la sua pittura. Se ne trovano tracce nel volume Sotto il paesaggio (Prospettive, 2013) che egli ci volle lasciare come l’intensa testimonianza di ineludibili tracce antropiche.