Luigi Vietti. Novara, 1903, laurea alla Scuola di Archi-tettura di Roma, 1928, Luigi Vietti esordisce a Genova per il Ministero LLPP con i PRG di alcuni comuni liguri. Ispettore Onorario per i Monumenti della Liguria, dal 1930 al 1933 è alla Soprintendenza alle Belle Arti. Par-tecipa a M.I.A.R., GNARI, CIAM, 1° e 2° Mostra di Architet-tura Razionale di Roma; poi è al Concorso Palazzo del Littorio, Roma (1934 gruppo Terragni, Lingeri et alii) e all’E42 con Pagano, Piccinato, Piacentini, Rossi. Auto-nomo professionista irrefrenabile, coltiva rapporti con Le Corbusier, Mies, Gropius, Aalto. Svolge un’intensa attività pubblicistica, sia specialistica che divulgativa, animato da un forte spirito di militanza e assertore dell’importanza dell’apertura dell’architettura nuova alla conoscenza e alla partecipazione. Nel dopoguerra, la sua convinzione sempre nutrita esplode: impossibile rompere la continuità tra modernità e tradizione. Nel tradurre nulla trascura: to-pologie, localismi, vernacoli, kitsch sono materia dell’arte. Una committenza facoltosa lo sostiene: ville al mare o in montagna; l’Aga Khan lo chiama nella maggiore avven-tura: la Costa Smeralda. Non tradisce. Costruisce per tutti. E soprattutto non per la sua firma. Lascia così, nel 1998, un problema aperto.