All’ombra delle foglie: fumetto città eterotopia

di:
Valerio Bindi

La prima mossa è nel vuoto. La mappa che il Bellman aveva comprato per l’equipaggio a caccia dello Snark di Lewis Carroll. Una mappa “perfetta e assolutamente vuota” come protestava allegramente l’equipaggio, senza gli inutili segnali convenzionali, perché ognuno fosse in grado di comprenderla, di usarla, di nominarla. È lo spazio liscio assoluto il mare, dove la rotta traccia linee dalle stelle, individua una posizione relativa e provvisoria, inesatta e misurata. Un luogo insolito solcato dalle navi e inutilmente striato dalle linee del Mercatore, che non riescono a disegnarlo, a progettarne lo spazio.

“La nave è l’eterotopia per eccellenza. Nelle civiltà senza navi i sogni si inaridiscono, lo spionaggio sostituisce l’avventura e la polizia i corsari.” (Michel Foucault)

Nel suo Des espaces autres (Spazi Altri, Milano 2001), conferenza tenuta a Tunisi nel marzo 1967, Foucault mette a sistema la teoria dell’eterotopia. Individua, posiziona, costruisce mondi da qualche parte altra, al di là dello specchio.
Il sistema del fumetto è di là dello specchio. Si tratta di un media topologico, come discusso da Thierry Groensteen. Una forma di scrittura articolata nello spazio segnico della rappresentazione, un medium narrativo di dislocazione. Una scrittura iconica, composta di indici deterritorializzati che approdano di volta in volta al regime di segni ordinato dall’autore. Le figure del fumetto sono scritte oltre che disegnate, appartengono ad un piano fortemente connesso alla parola. Sono inseparabili da questa, che sia presente o no. Le immagini iconizzate – utili a comporre le vignette, le finestre – sono i simboli in cui il linguaggio si riterritorializza. Su queste icone si conforma poi lo stile, l’errore consapevolmente esercitato, che si appropria del tratto e lo distingue.
Queste figure si dispongono nello spazio bidimensionale del progetto e si articolano nel vuoto della griglia del tempo che organizza il fumetto, costruendo una connessione, un concatenamento: la forma della storia. Un’interfaccia forte densa di spazi bianchi, clessidre dove il tempo organizza il suo racconto. Le vignette sono pannelli di controllo spazio-temporale, “consolle di comando operativo che consente al lettore di definire e attuare un testo” (Gino Frezza in Fumetti, anime del visibile, Roma 1999). Icone organizzate topologicamente in una relazione di prossimità; spazi-tempo giustapposti e concatenati; immagini-tempo, immagini-spazio, immagini-parola. Immagini compatte.
Seguendo Foucault, disegnano luoghi che “hanno la curiosa proprietà di essere in relazione con tutti gli altri luoghi, ma con una modalità che consente di sospendere, neutralizzare e invertire l’insieme dei rapporti che sono da essi stessi delineati, riflessi e rispecchiati”. In una parola eterotopie, attualizzate nella lettura secondo la mappa del sistema fumetto. Tutte le vignette tracciano sempre un luogo, tutti i luoghi disegnati sono in relazione gli uni con gli altri. E tutti restano “luoghi al di fuori da ogni luogo per quanto possano essere effettivamente localizzabili”.
L’appartenenza del fumetto al quadro teorico delle eterotopie è verificata in ognuno dei sei princìpi che Foucault individua come fondanti. Ogni cultura produce le sue narrazioni per immagini e ogni storia ha un suo peculiare motore funzionale. Ogni fumetto giustappone luoghi e sguardi incompatibili tra loro ed è connesso alla suddivisione del tempo. Apre infatti all’eterocronia, perché “l’eterotopia si mette a funzionare a pieno quando gli uomini si trovano in una sorta di rottura assoluta con il loro tempo tradizionale”. È sempre previsto un sistema di apertura e chiusura, per isolare e penetrare la narrazione, ed è sempre sviluppata una funzione con lo spazio rimanente. Anzi, il fumetto continua ad inventare funzioni da sviluppare con l’altro da sé. Resta una struttura nomade.
La storia è un luogo, la struttura di vignette è un edificio da abitare, frame by frame. E la strada che percorre questi manufatti è significata proprio dalle caselle vuote, gli spazi bianchi che permettono l’avanzamento.
La connessione tra fumetto e architettura, come visto, sta in un livello profondo del sistema, nel codice di uso sociale e di progettazione spazio-tempo, ma anche nella mutazione che il capitale induce nel tessuto. Le grandi strip urbane dispongono vagoni di strutture come vignette giustapposte, si organizzano della medesima articolazione topologica. La produzione di produzione e la produzione di domanda costruiscono la città, cui si impone una griglia di controllo, di normalizzazione. Felix Guattari sostiene: “esistono dunque diverse definizioni possibili della città a seconda del congiungersi dei flussi deterritorializzati, che siano di scrittura, di danaro, di capitale o altro. E via via si identificano la città e il corpo senz’organi del capitale: dalla capitale al capitale”.
La città è qui un’accumulazione e posizionamento di capitale ed è apparato collettivo e sociale, corpo senz’organi, formato alla confluenza dei ritmi delle micro-narrazioni che ne delineano il continuo presente, le mutazioni, la storia. La città è la storia, la narrazione è la città.
“L’apparato collettivo è preso nell’universo della rappresentazione (…). Ma il primo apparato collettivo è la lingua, che permette la messa in codice di elementi disgiunti. La città è il corpo senz’organi della macchina di scrittura”, così continua Guattari. Una città di vignette abitabili, percorribili, attraversabili, struttura il sistema fumetto. La figurazione urbana sottende sempre la scrittura per immagini, in realtà non esiste fumetto che non paghi il tributo al suo corpo metropolitano. Little Nemo, Batman, Topolino e i suoi, Tintin, The Spirit, Krazy Cat, Ranxerox, Tetsuwan Atom: una costellazione di città. Smisurate, oscure, residenziali, astratte, pullulanti, diradate, multiplanari, antiche e postmoderne città. E viceversa la metropoli contemporanea adotta una struttura a griglia vuoto-pieno, a grandi vignette territoriali: “lo spazio metropolitano è dunque alternanza di zone di congestione e frazioni di deserto, è territorio controllato che combina aree sotto stretta sorveglianza, porzioni di ambiti ‘protetti’ e sostanzialmente deterritorializzati, a superfici ed architetture che sfuggono temporaneamente ad operazioni di dominio e vigilanza capillare” (Francesca Iovino, Residenze Istantanee, Chieti 2005).

(da: Valerio Bindi, All’ombra delle foglie: fumetto città eterotopia, in “Controspazio”, n. 117, XXXV, sett/ott 2005)