TETTONICA
di:Corrado Minervini
Abitare la terra: un progetto tettonico
Abitare la terra è un progetto di grande scala che si realizza in una condizione abitativa “tettonica”.
L’abitante del progetto tettonico vive nel buio differenziato il linguaggio della sua ombra, la corporeità degli accidenti; vive in una società organica spettatore e attore di plurimi livelli di scena.
Tettonica è dunque una forma del disegno, ma anche la condizione progettuale, il senso di profonda vertigine, di caduta infinita, di percorso (rettilineo) verso il centro della terra nella profonda ed illusoria consapevolezza di essere a soli dieci centimetri dalla parete, ma ad occhi chiusi.
I colori della tettonica sono quelli della terra e del buio. La luce abbaglierà nelle tenebre con turbinii nucleari.
Il progetto tettonico è un progetto seminale
Il progetto tettonico è un progetto seminale, un’intenzione fecondativa di altri progetti.
Tettonico è il luogo della concentrazione degli sforzi del concepimento.
Tettonica è la condizione atemporale del progetto.
Tettonico è il paesaggio del XXI secolo; il suo belvedere è il progetto.
Tettonico è il luogo della perdita della propria identità e del ritrovamento della stessa. Lo spazio tettonico si genera nell’indifferenza cromatica. La luce tettonica è l’ombra.
Il progetto tettonico non è un progetto radicale, ma di radice: rizomatico.
Damnazio memoriae
Il progetto tettonico è smemorato, non ha memoria, non ha storia; ha solo memoria, di sé e del proprio ineluttabile, ineludibile farsi.
Milano, novembre 1985
Visioni e vedute del progetto tettonico
Il progetto tettonico non ha prospettiva, si afferma in sezione e si sviluppa in piano.
Il progetto tettonico non si vede.
Tettonico è il territorio recondito dell’architettura, che non simula la natura , ma la divinità creatrice.
Tettonico è lo spazio progettuale, il buio interstiziale, la vertigine.
Raramente il voluttuoso turbine progettuale svela le interiora architettoniche offrendo a quel territorio obnubilato il giusto fascino composito della segreta.
Tettonica
La tettonica non è l’origine; Tettonica è il principio, humus non ancora produttivo, non ancora progetto, materiale informe: punto, piano, linea.
Il linguaggio tettonico è un linguaggio criptico
Il linguaggio tettonico è un linguaggio criptico.
È una pratica esoterica che, ermetizzando il codice, riduce la semiosi ad atti e patemi.
Il linguaggio criptico è un’ansiosa sincope linguistica che occulta e allontana il senso per mezzo di una tipologia enunciativa che va dal sott’inteso (detto e non detto) al taciuto (non detto), dal bisbigliato (quasi detto) al cifrato (quasi detto), fino al pettegolo limite della figura metatetica (detto e disdetto).
“Il segno criptico è sempre per qualcuno” (in P. Fabbri, Alfabeta 8 dic. 1979) e fonda la propria essenza sull’interesse e la passione dell’enunciante ed enunciatario, sulla fedeltà del destinatario o depositario e sul tormento dell’enigma sibillino.
Il linguaggio criptico è il luogo delle pulsioni, delle passioni violente, dei tormenti.
Negli oscuri meandri della comunicazione riservata, confidenziale, discreta, sibillina, ermetica e enigmatica, il linguaggio criptico mina la solidità/stolidità dei linguaggi trasparenti, riducendo la naturale arbitrarietà dei sistemi segnici e la loro costitutiva menzogna.
Sezione
La sezione è la forma di rappresentazione più propria del progetto tettonico. Ha connotato la grammatica strutturale dei razionalisti, la ricerca sul massimo sfruttamento dello spazio domestico e sulle combinazioni distributivo-funzionali. Si è rivelata indispensabile allo studio impiantistico, in particolar modo quando occorreva nascondere la fisiologia costruttiva dell’architettura.
La sezione scopriva e scopre i doppifondi, denuda nelle più profonde intimità gli oggetti più apparentemente asettici.
Sgomento e terrore per la propria cecità, lo stesso sgomento e terrore per l’oscuramento del quadro retinico.
Buia è la terra sotto le coltri,
Buie le viscere,
Buie le cantine e le soffitte,
Buio ogni interspazio, cerniera, nodo o contratto di solidarietà tra natura e artefatto.
In queste profonde intersezioni penetrano esclusivamente taglianti e crudeli sezioni: gli occhi vitrei della rappresentazione architettonica; una visione più fedele al sostrato della rappresentazione (il foglio bidimensionale) che alla realtà della visione stessa (tridimensionale).
L’occhio vitreo imperscrutabile, penetra con sezionante violenza nel buio, per scoprire con perversa candida coscienza, i luoghi della produzione dell’eros e proiettarli con forza sul foglio … umano, troppo umano.
Milano 7 gennaio 1986